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65 la frusta teatrale


Duse, e ripercorrendo con bravura un difficile cammino non si vede che la buona attrice abbia ritrovato la disinvoltura della confidenza che supera ogni sforzo. Invece di oggettiva aridezza Emma Gramatica s’è piegata talvolta a cercare significati e giustificazioni addirittura umane, non ha avuto il coraggio di condannarsi, non ha saputo vivere con Loevborg 1 inesorabile crudeltà. Bisognerà pur dichiarare che, assumendo con troppo impegno le responsabilità umane della signora Hedda Tessman ella ci ha fatti stare a disagio e ci ha tenuti in pensiero per la sua coerenza morale, preoccupazione che esula affatto dalle sereni contemplazioni conquistate da Ibsen. E il teatro d’arte non dovrebbe per l’appunto farci dimenticare la donna nell’attrice?

Le nostre incertezze si sono definitivamente quietate quando abbiamo riveduto lo schema di Hedda Gabler ne La sorridente signora Beudet. Perchè ostinarsi nelle illusioni? La «Hjordis in busto» della Gramatica è una Hedda da Marcia Nuziale, e tutto il giuoco si direbbe chiaro quando le aspirazioni nordiche venissero riconosciute come una trasformazione sottile di accortezza istintiva delle inquietudini isteriche parigine.

Pure gioverà rallegrarsi con lei perchè invece di unire a Bataille gli infelici candidati all’eredità ibseniana (Sudermann o Hauptmann) ci ha saputi abituare talvolta alle sorprese di un teatro non convenzionale, non tanto per disinteressate ricerche di armonia estetica quanto per istinti va astuzia nel coordinare i ritmi di arti esotiche secondo una singolare vivacità. Chè se altri, ritrovando in cartellone Shaw, Synge, Pirandello, si riterrà incoraggiato a parlare addirittura di genialità estetica, noi sospettiamo che sia