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la frusta teatrale | 57 |
per la maternità: gli sorride con abbandono sconsolato e ridente, tutta perduta nel suo sogno che è la sua verità; il suo spasimo dimenticato si rivela solo tratto tratto in lievi batter d’occhi tristi.
Nel terzo atto bisognerà invece notare gli effetti silenziosi dell’indifferenza con cui è guardato Decio, e della commozione misurata con cui ella segue i sogni di Giulio nascondendo gli occhi quando troppo pieno è l’affetto e la gioia di lagrime e infine dell’efficacissimo moto per cui la madre sottrae con la mano ansiosa alla vista di Giulio l’indifferente e scettico riso di Ippolito.
Non si può chiedere a Praga nulla più che un episodio alquanto veristico di amor materno, ma nella trasfigurazione offertaci dalla Duse è prudente scorgere dei limiti notevolmente allargati.
Agli stessi sviluppi di maternità dolorante, composti per innata misura, ci fu dato assistere nel Così sia, veramente più che un fatto d’arte, una rivelazione superiore d’umanità, in cui tuttavia il gusto di Eleonora Duse ha saputo creare magistralmente la squallida evidenza statuaria del III atto, una madre e un altare. Invece l’antinomia interpretazione-spontaneità si direbbe risolta (forse nel modo più perfetto) in Fantasmi (I e II atto), dove lo studio è tutto implicito, come una corazza naturale di pudore.
VII
Per giungere a una conclusione non dovremo, io penso, cercare concetti nuovi. Se le impressioni descritte sin qui hanno talvolta la timidezza incerta dello spettatore