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34 | p. gobetti |
armato perchè, di fronte all’impotenza effeminata del nuovo re, il pensiero di una sciagura e i pericoli di una guerra richiamano alla memoria le conosciute virtù militari.
Accanto a questa aspirazione eroica un’impotenza attuale, precisa e inesorabile nella seconda scena. È chiaro che il Re, la Regina, Polonio, i cortigiani, dovendo vivere di questa incapacità, dovendo arrestarsi alla sola esigenza dell’azione, sempre minori di ciò che la storia si aspetta da essi, non possano avere un carattere, una personalità eroica, non possano dominare. Sono materia che si diffonde nell’atmosfera epica a profumarla della propria passività; non hanno coscienza tragica di ciò che li attende: il poeta li penetra e li chiarisce nella loro funzione esteriore di cose.
In questo disfacimento soltanto Amleto ha una coscienza e una personalità: si riflette nella sua sorte la psicologia del mondo che lo circonda.
Amleto è un poeta mancato, che tratto a vagheggiare una azione pratica vi tenta un ultimo canto e miseramente fallisce per il frammentario intellettualismo della sua scomposta fantasia. È assurdo cercare in lui le contraddizioni della volontà perchè Amleto non ha una volontà. Costruisce penosamente, irato, ipersensibile, incapace di seguire le linee della sua obbiettivata fantasia. Ha una superiore coerenza nell’ironia con cui annulla se stesso, ha i suoi limiti nell’animo di eterno letterato: nel terzo atto (specialmente nel discorso coi comici) la finzione è definitivamente la vera realtà, la sola per cui egli possa svegliare il suo entusiasmo e lasciarsi conquistare dal pensiero de11 azione. Lo stroncano le sue tendenze metafisiche: egli