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IV
Il dottor Balanzon, docente di antropologia criminale
Eppure per Ermete Zacconi io conservo una gratitudine non maligna. È l’ultima battaglia donchisciottesca, l’alloro riportato con prosopopea trionfale, ingenuamente caricata, dalla beata campagna romantica di eroici furori per la verità. Si può ricordare con franco sorriso la giovanile fede perdurante, la dogmatica fiducia nella propaganda per la verità estetica, che scorgeva ad ogni tratto l’ostacolo e l’occasione per il sacrificio, per l’intransigenza! V’è un tempo nella nostra vita di pensiero in cui la scoperta ti esalta e non trovi la giusta pace se intorno al frutto della fantasia non ti riesce di raccogliere, dopo infinite e ineguali battaglie, il plauso convinto della metà più uno degli ascoltatori. E anche l’innocuo teatro può con tali predisposizioni trasfigurarsi nel luogo sacrificale del cruento eroismo spartano. Chissà che queste spavalde manie non distinguano per l’appunto chi si viene liberando dalle provinciali angustie e chi sotto la maestà di una contenuta indipendenza dignitosa resterà inesorabilmente arido e persuaso e sicuro!