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la frusta teatrale 17


chi ancora si senta queste ascetiche disposizioni alla pazienza di un donchisciottesco sacerdozio. Forse anche per l’arte potremo ammettere i casi estremi di legittima difesa.

Perchè in realtà le intransigenze oratorie peccano tutte di inaccessibile altezza e non saprebbero con filosofica superiorità trovare aderenze armoniche con le cose. Sicché venuti a questi termini sembrerebbe tutt’altro che ozioso, anzi necessario, rifare il cammino per altre mete. I suggerimenti storici più palesi mettono in guardia contro i concetti semplicistici della filosofia dell’imitazione, che del resto agli avveduti si è svelata già come circolo vizioso e non legittima spiegazione.

Per ritrovare con qualche evidenza di storicità le origini teoriche del teatro sarebbe propizio sfruttare il concetto di contraffazione, ossia di una cercata doppiezza in cui la schietta meraviglia e l’enfasi religiosa terrebbero il luogo di ciò che si vede; e ciò che non si vede, perchè pura essenza, sarebbe il calcolo e l’artificio; come dal pulpito la predica scaltra si nasconde tra le parvenze della commozione e delle lagrime, per astuzia di commediante. L’entusiasmo compiuto sarebbe in un caso come nell’altro fittizio: e in certe scomuniche e polemiche della Chiesa contro il teatro non bisognerebbe avvertire se non gelosia di mestiere.

Ma il discorso non può rimanere entro confini così semplificati a mano a mano che questo concetto di contraffazione si verrà a ridurre e a spiegare in quello di costruzione e di individualità, e comprenderemo l’artificio nell’arte. Nè l’ampliarlo genericamente a nulla servirebbe se non si venisse a studiare per l’appunto l’attore e il suo artificio. Solo per questa via del resto l’indagine potrebbe