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a fabbricare con solerte diligenza e meccanica abitudine i comodi altrui gli lasciassero anche il minimo tempo per ricordarsi di avere egli pure una volontà e un animo. Ma egli è un impiegato della beneficenza. Parte quando ha finito: regolato e metodico come un registratore. I personaggi che gli dovrebbero stare intorno sono appunto innocentemente cifre da sommare. Ogni atto è una specie di bilancio. Attraverso «Flutti torbidi» e «Due donne» siamo dunque giunti, se non ci si inganna, a una definitiva aridezza: l’atmosfera lirica del dialogo si può adeguatamente misurare, siccome opera di un collaboratore della «Nuova Antologia».

Di qui si raccomanda speciale reverenza e noi non vorremmo pertanto fermarci al banale significato che hanno le parole udite quando si prendono nella loro più naturale connessione. Non è senza seduzioni, quando l’argomento non repugni al gioco, immaginare significati trascendenti e sotto la più candida noia amene tragedie cosmiche.

Pensate dunque che Ranzano sia un poeta, che abbia cantato i sogni di tutti, da Aleardi agli avanguardisti, che abbia drammatizzato gli episodi più angosciosi della vita famigliare dalla gelosia tra madre e figliastra all’amore del padrigno per la figlia, che abbia narrato di addormentate felicità, e novellato di nozze. Imprestategli, se sarà necessario, anche il canto del «Capitan Fracassa», mentre egli tuttavia in mezzo alla diligenza dei nuovi impegni letterari pensa ai casi lieti del mondo. E forse il saluto della partenza sarà l’ultima rinuncia, forse gli oggettivati sogni gli riveleranno alfine come nulla egli vi abbia posto di sè, e il Bourget nè italiano nè esotico sentirà