Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
140 | p. gobetti |
-fettamente granguignolesca del secondo atto (un Grand Guignol fine e sobrio, ma fondamentalmente artificioso in quanto si vogliono attribuire ai personaggi compiti che superano le loro istintive possibilità). L’artificio vizia la fine, in cui la conversione della ironica signora Beudet mal nasconde in un grossolano ottimismo, appena leggermente pensoso e tuttavia non preparato, il dilettantismo della meccanica teatrale e il gusto per le pacifiche rinunzie.
Invece il primo atto si era annunziato (a parte la povertà del gioco finale dei cassetti e della rivoltella) solennemente tragico e l’antitesi tra i cuscini e le stoffe del signor Beudet e la musica impressionistica della signora Maddalena si svolgeva secondo una netta linea di esasperazione e di irreducibilità. Senonchè la misura teatrale e una deficienza di stile degli autori nel far comunicare i loro fantasmi attribuisce a tutta la tela psicologica un vago colore di patologia.
A dir tutto sinteticamente parrebbe che la sorridente signora Beudet pecchi alquanto di deficienze ironiche e si appaghi talvolta di troppo pesanti convinzioni. Bisognerebbe per il dispiegamento integrale degli spunti ironici che ella fosse veramente, quale si definisce, spettatrice, tragicamente, della sua vita, non banalmente interessata: che il suo gioco con la rivoltella rimanesse uno scherzo fantastico e non una vendetta banaluccia, che gli autor sorprendessero più spesso le contraddizioni del suo lirismo e l’arguzia delle sue complicazioni (come nella descrizione della campagna al 1° atto): bisognerebbe che ci fosse un po’ meno di buon cuore piccolo borghese nel suo desiderio di donare e di far felici gli uomini. Invece trop-