Il ritirarsi a giudicar la commedia dal suo prologo (ossia dalla prima scena), a contemplare tutta l’azione che seguirà dal piano che la genera è artificio edificante per criticare gli errori più convenzionali e ameni in cui tutti i giudici sono incorsi sin qui col cercare il protagonista in Nicia (dove se ne andrebbe la precisa architettura della Mandragola che leva Machiavelli tanto più in alto che il Goldoni o il Molière del Tartufo?) o col proclamare tanto accentuata la satira di Frate Timoteo. Questi non è affatto più insopportabile di Sostrata, anzi è di lei meno malizioso. A chi volesse ragionar di simpatie non riuscirebbe difficile mostrare che il Frate è la persona più morale e più gradita di tutta la commedia. L’osservazione non che prendersi per un paradosso valga, contro l’opinione comune, a dimostrare l’equilibrio comico a cui tutti gli attori parimenti partecipano. Machiavelli tratta con molta famigliarità il suo frate, e gli dà a esporre certe sue opinioni e giudizi, facendolo a preferenza di Ligurio (cui, come a Sofronia nella Clizia, spetterebbe l’ufficio) intermediario tra sè e l’azione, tra l’azione e il pubblico. Il De Sanctis fu di opposto avviso perchè non seppe vedere, ossia invece che con occhi d’artista guardò le cose con gli occhiali del razionalismo hegeliano e laico. Timoteo non ha colori troppo rudi o cinici (De Sanctis: Storia della letteratura italiana, Treves, p. 82) ma è puro quanto Callimaco, che alla sua volta non ha nulla a temere dal confronto con la candida Lucrezia. Gli immorali ossia i poli negativi dell’azione sono Nicia e il Nicomaco della Clizia. E la funzione di Nicia, non che farlo protagonista dell’intreccio, lo conduce talvolta fuori dell’azione, come nella scena IX del