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118 | p. gobetti |
termini di dignità della rappresentazione — in pieno seicento; l’arte stereotipia, l’esegesi abilità.
Senza sforzarsi di penetrare nello spirito della commedia che recita egli si presenta al pubblico come un congegno che interessa in quanto compie una serie di atti che ci si aspettano e che suggeriscono simpatia o ilarità per la consolazione di chi aspettava.
I suoi mezzi si dicono in poche parole: la persona è un sacco di noci in perpetuo squilibrio; la voce raggiunge il suo effetto per uno strano contrasto tra il monotono e lo stridulo; la smorfia dello stupore si disegna eguale, sul suo viso prima imperturbabile e fa scoppiare efficacemente l’antitesi.
In questi tratti lasciate che noi riconosciamo un giusto idolo del pubblico, non un artista.
8. - I limiti della sobrietà
Amiamo figurarci Raffaello Niccòli nelle spoglie del discepolo fedele di un goffo maestro che riesce a guadagnare il suo posto conservandone gli atteggiamenti, ma in una giustezza di toni e in un’umiltà di limiti, che sembrano meditati e nascono invece per istinto e per natura col trascorrere stesso degli anni e col venire dalla bottega alla strada, dalla tronfia sicumera del libro alla candida modestia delle confidenze di palcoscenico. Il maestro — perchè il lettore intenda i rapporti che nel nostro discorrere si nascondono — è Augusto Novelli del quale la critica rispettosa deve notare soltanto un fondamentale errore di carriera che ci diede un mestierante di commedie invece che un operaio di pantomime. Maestro e discepolo so-