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664 | gli sposi promessi |
andavano scemando le mormorazioni e1 le beffe del popolo: la parola peste era profferita più sovente e fuor di scherzo; al vedere infermi, condotti al lazzeretto, e case sequestrate, molti, che2 dapprima avevano schiamazzato contra3 quei provvedimenti, cominciavano a trovar ben fatto che si allontanasse da loro ciò, che finalmente sentivano essere un pericolo.4
Per qualche tempo il contagio aveva serpeggiato soltanto nelle case dei poveri;5 finalmente, dilatandosi, attinse quelle dei nobili; e questi6 esempj, perché7 più esposti alla osservazione, produssero una impressione più generale e più forte. E più d’ogni altro caso fé specie l’udire che era caduto infermo di contagio quel Ludovico Settala, che lo aveva da tanto tempo segnalato indarno, e con suo pericolo. Avranno eglino detto allora: «il povero vecchio aveva ragione?» Probabilmente l’avranno detto quei soli, che fino da principio gli avevano creduto; perché essi soli potevano dar ragione al povero vecchio, senza dar torto a sé stessi. Il povero vecchio, e un suo figliuolo guarirono: la moglie, un altro figliuolo, e sette persone di servizio morirono di peste.
A malgrado d’una si terribile evidenza, v’era ancora alcuni ostinati: per8 far capaci anche costoro, il tribunale della Sanità ricorse ad uno strano espediente: usò un linguaggio9 tipico, adattato veramente all’intelletto di chi doveva esser persuaso e di chi voleva persuadere; degno insomma dei tempi. Era morta di peste una famiglia intera:10 la Sanità diede ordine che un giorno festivo, in cui il popolo era solito concorrere alla11 chiesa di San Gregorio,12 posta dietro il lazzeretto, tutti quei morti vi fossero trasportati sopra un carro, ignudi. La lurida pompa attraversò la folla: alcuni torcevano con orrore e con fastidio gli sguardi, altri accorrevano a guatare con ansiosa curiosità ; e questi videro su quei cadaveri i lividori, e i buboni pestilenti, co-