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lidi che vi rimanevano, e che ne scapparono con una pressa, con una gioia furente. La città tornò a risonare dell’antico clamore, ma più fievole e più interrotto, rivide quella turba più rada, e più miserevole, dice il Ripamonti, chi pensava come ella fosse tanto scemata. Gl’infermi furono trasportati a santa Maria della Stella, allora spedale di mendicanti, dove la più parte perirono.

Ma intanto cominciavano quei benedetti campi ad imbiondire. I poveri del contado a cui reggevano le gambe uscirono tutti per quella tanto sospirata segatura. Il buon Federigo gli accomiàtò con un ultimo sforzo e con un nuovo trovato di carità: ad ogni contadino che si presentasse all’arcivescovado fe’ dare un giulio e una falce da mietere. Finalmente la messe venne a salvare quei che potevano ancora esser salvati; giacché la mortalità straordinaria, effetto d’estenuazioni già disperate, e probabilmente di contagio ancor serpeggiante si protrasse fin dentro l’autunno.

Cessata o ridotta a pochissimo anche questa, si cominciava a respirare, quand’ecco un nuovo flagello, un passaggio di truppe, che desolò un gran tratto di Lombardia, lasciando poi dietro sé tale altro flagello che la disertò tutta quanta, e con essa una buona parte del rimanente d’Italia. Ciò che diede occasione a questo passaggio fu la guerra per la successióne di Mantova e del Monferrato, quella di cui abbiam già più d’una volta fatto cenno per incidenza e alla sfuggita. Ora ne diremo più per ordine l’origine e i primi successi, scorrendo con la brevità e colla chiarezza che potremo maggiori per uno spinaio di genealogie, per un labirinto di maneggi e per un andirivieni di fatti.

Nel 1627, Vincenzo II Gonzaga, duca di Mantova, ultimo maschio della linea di Guglielmo suo avo, senza prole, consumato dagli stravizzi d’ogni genere, e in età di trentatré anni vicino al sepolcro; stimolato dagli ufizii e condotto dai maneggi del cardinale di Richelieu e dei signori veneziani, aveva rivolto l’animo ad assicurare, per quanto poteva dipendere da lui, la successione de’ suoi stati al capo della linea più prossima trapiantata in Francia circa mezzo secolo innanzi, Carlo duca di Nevers. A tale intento aveva acconsentito che questi mandasse a Mantova il figlio duca di Rethel, il quale al momento che il go-