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sigli atroci e di cose funeste». Pare anzi che quel terribile faccendone di misfatti approfittasse dell’esiglio per estendere tali corrispondenze, e contraesse allora in più alti luoghi certe nuove terribili pratiche, delle quali il Ripamonti parla con una sua brevità misteriosa: «Anche alcuni principi esteri», dice questo scrittore, «si valsero più volte dell’opera sua per qualche importante uccisione, e in più d’un caso gli spedirono da lontano «rinforzi di gente che servisse a ciò sotto i suoi ordini». Noi abbiamo ben fatto il possibile per trovar qualche più distinto particolare d’un fatto cosf importante alla cognizione e del personaggio, e dello stato della società in quel tempo; ma senza effetto. La storia, e massime quella dei costumi, è nei libri, come nei musei d’anticaglie, a pezzi e bocconi, e troppo spesso, principalmente nei libri, se ne trova di quelli che non si possono mettere insieme con altri pezzi e con altri bocconi, tanto da vederne una figura, e da ricavarne una notizia.
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Chi nasce in questo mondo è simile ad un sonatore d’una grande orchestra che si risveglia nel mezzo d’una sinfonia, e trova una musica avviata; bada un momento per coglier bene il tuono e la misura, e poi piglia il suo strumento, entra in concerto come può. Così quelli spagnuoli che nascevano per essere governatori dello stato di Milano, trovavano come un gran concerto di faccende in corso, una consonanza di massime politiche fra le quali e colle quali questa: che importava al decoro e all’interesse della Spagna l’estendere il più che fosse possibile il suo dominio e la sua preponderanza in Italia. Quando poi uno veniva spedito al governo suddetto, vi portava l’idea fissa che questa doveva essere la sua grande e, per così dire, unica occupazione. Lo era infatti, e lo sarebbe stata, quand’anche, per impossibile, egli non avesse avuto a ciò né predisposizione, né istruzioni: perché da
- ↑ Principio del Cap. XXVII, messo già nel brano dell’Innominato con qualche differenza. A margine del foglio (27), il Manzoni scrisse: «Trasportato nel vol. 3° e poi stralciato anche da questo». Si veda qui il Cap. I, tomo IV, in fine.