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820 | gli sposi promessi |
correre ad un tale rimedio; rimaner quivi rinchiuso, a che fare? e fin quando? Uscirne, e tornare a casa sua a far la vita di prima, non era cosa riuscibile, al punto a cui aveva spinte le cose. Risolvette dunque di sfrattar dallo stato. Suppongo che a questa circostanza debba riferirsi un tratto della sua vita, cbe è menzionato nella storia sopra citata del Ripamonti, un tratto che basterebbe a dare un’idea dell’uomo, e che noi riporteremo perciò, traducendolo alla meglio dall’energico latino di quello scrittore. «Una volta, dic’egli, che costui, non so per qual cagione, volle sgombrare il paese, la paura che mostrò, il riguardo e la segretezza che usò, furono tali: traversò la città a cavallo, con un seguito di cani» (gli uomini si sottintendono) «a suon di tromba; e passando dinanzi al palazzo di corte, lasciò alle guardie un’imbasciata di villanie pel governatore». Uscito ch’ei fu dello stato, si publicò un altro bando che ne lo dichiarava cacciato, e gli levava la protezione regia, sì che, tornando, potesse esser fatto prigione e impunemente offeso da tutti. mantenute le promesse anteriori, e aggiunta la liberazione di quattro banditi a chi lo consegnasse vivo o morto.
Dove egli andasse a posarsi, o dove errasse, che facesse fuori e quanto tempo vi rimanesse, né il manoscritto lo dice, né altrove ne ho trovata menzione: trovo soltanto che una mattina egli pigliò il partito di tornarsene in paese. O fosse cangiato quel governatore che s’era dichiarato suo nemico personale; fossero mancati di vita o decaduti di potenza alcuni de’ suoi più capitali nemici, o venuti in potenza de’ suoi amici; o fosse levato il bando per qualche potentissima raccomandazione, (che anche un tal supposto è verisimile in quella condizione di tempi); o fossero nate altre circostanze qualunque da inspirargli una nuova sicurezza, o quel suo animo gliene tenesse luogo, certo è ch’egli stimò di poter tornare liberamente a casa sua e di stabilirvisi, e vi tornò in fatti non però in Milano, ma in un castello d’un suo feudo su l’estremo confine col territorio bergamasco, e allora collo stato veneto. È parimente certo che nella sua assenza egli non aveva rotte le pratiche né intermesse le corrispondenze con que’ tali suoi amici e che stabilito nel suo castello continuò ad essere unito con loro, per tradurre letteralmente da Ripamonti, «in lega occulta di con-