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vernatore. Per l’ordinario i governatori non s’impicciavano in in queste faccende: non già che fosse massima di lasciar fare i tribunali; era anzi massima che i governatori potessero non solo far le leggi, ma applicarle, derogare, dispensare, dare in ogni caso gli ordini che loro paressero a proposito. Molti infatti ne venivan dati in loro nome; ma per lo più non v’era altro che il nome; l’attenzione, la volontà, e l’opera loro si esercitava in tutt’altri oggetti.

Chi nasce in questo mondo nei tempi ordinarii, dice il manoscritto, è come un sonatore d’una grande orchestra in una festa, che si sveglia nel mezzo d’una sonata e d’una danza, e trova una musica avviata, un tuono, una misura: bada un momento, per capirla bene, e poi piglia il suo stromento e cerca d’entrare in concerto. Cosi quegli spagnuoli, che nascevano per essere governatori dello stato di Milano, trovavano una musica avviata di faccende in corso, un gran numero d’idee stabilite e predominanti, e fra l’altre questa: che la potenza spagnuola aveva o voleva, o doveva avere su tutta l’Italia, almeno un predominio. Quando uno veniva spedito a questo governo, vi portava l’idea fissa che mantenere ed estendere questo predominio doveva essere la sua grande occupazione. Lo era in fatti, e lo sarebbe stata, quand’anche, egli, per impossibile, non avesse avute né istruzioni né inclinazione a ciò. Perché trovava incamminata un’altra macchina opposta e complicatissima, mossa continuamente da altre potenze che non volevano quella storia del predominio, e ne stavano sempre in sospetto, si trovava a fronte e da ogni lato un vasto e confuso sistema di resistenze, di difese, di offese, contra il quale gli bisognava pure ingegnarsi. Bisognava dunque vigilare tutti i principi e gli stati d’Italia, mantener questi nella devozione consueta, contener quegli altri, o spaventarli, o attirarli, conoscere i loro pensieri, inimicarli, rinconciliarli, secondo le occorrenze: un mondo di cose. Oltracciò i governatori erano capitani generali, e conducevano in persona le guerre che avevano fatte nascere o che non era loro riuscito d’impedire, in Italia, o che vi si facevano come parte di guerre più generali. Avevano quindi sempre gli occhi e le mani in quella grande matassa che avevano trovata scompigliata, e scompigliata la-