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700 | gli sposi promessi |
Per giungervi, doveva Fermo passare su la piazzetta della Chiesa, dov’era pure la casa del curato. Quando fu in luogo donde la piazza si poteva vedere, guardò egli alla casa del curato, e vide una finestra aperta, e nel vano di quella un non so che di bianco-giallastro in campo nero, una figura immobile, appoggiata ad un lato della finestra. Era Don Abbondio in persona, e 1 ad una certa distanza2 poteva parere un vecchio3 ritratto di qualche togato,4 scialbo per natura, per l’arte del pittore, e per l’opera del tempo, appeso di traverso fuori al muro,5 per la buona intenzione di ornare qualche solennità. Fermo, che aveva sospettato chi doveva essere, arrivato su la piazza, lo riconobb; e da prima, tornandogli a mente che6 egli era una delle cagioni delle sue traversie,7 sentì rivivere un po’ di stizza, e volle passar di lungo. Ma8 tosto l’antico rispetto pel9 curato, quel desiderio di sentire una voce umana e conosciuta cosi potente in quelle circostanze, la speianza di risapere da lui qualche cosa che gl’importasse, vinsero nell’animo d: Fermo, che si10 arrestò, fece una riverenza, e dirizzando il vólto alla finestra, disse: «Oh signor curato, come sta ella in questi tempi?» Don Abbondio aveva guatato costui che veniva, gli era sembrato di riconoscerlo; ma quando sentì la voce, che non gli lasciava più dubbio: «per amor del cielo!» disse,11 «voi qui? Che venite a fare in queste parti? Dio vi guardi!12 Vi pare egli, con quella poca bagattella di13 cattura...?»
«Oh via, signor curato,» disse Fermo non senza dispetto: «mi vuol ella fare anche la spia?»
«Parlo per vostro bene,» disse Don Abbondio, «ché nessuno ci sente. Chi volete che ci senta? Non vedete che son tutti morti?14 Che venite a cercare fra queste belle allegrie? Andate, tornate dove siete stato finora; non venite a porre in imbroglio voi e me; perché, quando si tratti di castigar voi, e di tormentare me, pover uomo, vi sarà dei vivi ancora.»