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446 | gli sposi promessi |
narvi in Chiesa, e fare a malgrado dell’uomo quello che Dio vi comandava, consacrare la loro unione, e1 chiamare sopra di loro la benedizione del cielo:2 dovevate soccorrerli di consiglio, di mezzi per porsi al riparo con la fuga,3 cercar loro un asilo, fare quello, che implorereste se perseguitato da un più forte di voi: dovevate informar tosto il vostro vescovo del loro, del vostro pericolo, dell’impedimento, che4 una violenza infame poneva all’esercizio del vostro ministero.5 Io, io allora avrei tremato per voi; io avrei posto in opera tutto quello che Dio mi ha dato di aiuti, di aderenze, di autorità, per difendervi: io non avrei dormito fin che non fossi certo che non vi sarebbe torto un capello.6 Ah! per quanto l’iniquità trionfi, s’è pure annessa un po’ di forza per la giustizia;7 ma i poverelli, inesperti, ignari,8 diffidati, non sanno dove andarla a cercare: bussano alla prima porta; e, se la trovano chiusa, sorda, crudele, si disanimano affatto, e non sanno9 come adoprarsi.10 Quell’uomo, che ardì tanto, credete voi che11 avrebbe tanto ardito, se avesse saputo che le sue trame, le sue violenze erano note fuor di qui, note a me? Vi dico che sarebbe stato contento di ritrarsi; e voi,12 dopo aver fatto il debito vostro sareste stato sicuro.13 Quella inquietudine che avete provata, l’avrei provata io, incessante, intensa, ingegnosa: io vi avrei promosso in luogo, fin dove certo le braccia di costui non si sarebbero allungate. Ma voi non avete fatto nulla. Nulla! Dio ha salvata questa innocente senza di voi: l’ha salvata... se dico troppo, se il mio giudizio è temerario, smentitemi, ché mi consolerete... l’ha salvata a mal vostro grado.»
D. Abbondio taceva: il Cardinale continuò: «È doloroso il terrore, sono increscevoli le angosce, è amara la pressura: voi lo sapete; ma sapete voi misurare la e le angosce che ha sofferte una vostra parrocchiana innocente?»
Don Abbondio, dagli anni della pubertà in poi, non