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444 | gli sposi promessi |
che dei suoi io non mi piglio briga. — Ma come bisognava pure dir qualche cosa ad alta voce, ecco ciò che disse D. Abbondio.
«Oh Monsignore, mi burla! Chi non conosce il petto forte, l’animo coraggioso di Vossignoria illustrissima?» A questa dichiarazione fece poi nel suo cuore D. Abbondio questo commento:1 — Anche troppo, che un po’ di giudizio starebbe meglio: lasciare andar l'acqua all’ingiù, e non andare a comprarsi le brighe, nelle faccende cercare tutti i musi duri per cozzare,2 e fino nelle visite andare3 a pescare tutti i pericoli, schivare le strade piane, e andare in cerca dei greggi e dei precipizi, per fiaccarsi l’osso del collo. —
11 Cardinale rispose al complimento di D. Abbondio:4 «Io non vi domandava una lode che mi fa tremare, perché chi può sapere come mi giudichi5 Chi vede tutto? ma voi dovete sapere che, quando a servire il prossimo in quelle cose, dove egli ha ragione, nei nostri servigj è necessaria una risoluzione coraggiosa; allora questa risoluzione è di stretto dovere. Ditemi dunque: che avete voi fatto dopo quella intimazione, che avete detto?»
«Che ho fatto, Monsignore?» disse D. Abbondio. Mi son messo a letto con la febbre.»6 E aggiunse in cuor
suo: — Stiamo a vedere7 che rimprovero mi farà per aver avuta la febbre. —
«Vi tolse essa il sentimento e la favella?» domandò il Cardinale.
«Monsignor no,» rispose D. Abbondio: «ma le so dire che fu una febbre fiera: sono spaventi che non auguro a nessuno.»
«La carne inferma,» ripigliò Federigo: «ed è questa la nostra miserabile condizione; ma lo spirito fu egli pronto? Che avete voi fatto per quei due8 poveretti, dei quali voi, e voi solo allora conoscevate il pericolo?»
«Ma che cosa doveva fare9 col nome di Dio?»10 disse D. Abbondio.
«Debbo io dunque dirvelo?» ripigliò Federigo: «non l’avete sentito? non lo sentite11 pur ora? Al veder tanto