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438 | gli sposi promessi |
la storia del clandestino; e la narrazione divenne allora liscia, verisimile e ben congegnata.
« Avete confessata una colpa,» disse tranquillamente Federigo: «Dio ve la perdoni, e... a chi v’ha dato una tentazione cosi forte di commetterla. Ma d’ora in poi, buona figliuola, e voi buona donna, non fate più di quelle cose, che non raccontereste volentieri.»
Quindi passò a chiedere a Lucia dove fosse Fermo;1 ché ora il matrimonio poteva esser tosto conchiuso.
Questo era un punto ancor più rematico.2 «Le dirò io...» cominciava Agnese, ma il Cardinale3 le diede un’occhiata,4 la quale significava ch’egli5 sperava la verità più da Lucia che da lei, onde Agnese6 ammutì; e Lucia singhiozzando rispose: « Fermo, povero giovane non è qui: s’è trovato in quei garbugli di Milano, e ha dovuto fuggire; ma son certa ch’egli non ha fatto male, perché era un giovane di timor di Dio.»
7«Ma che ha fatto in quel giorno?» chiese ancora il Cardinale: «quale è la sua colpa?»
«Non ne sappiamo di più,» rispose Lucia.
Il Cardinale,8 giacché altri non v’era a cui domandare, si volse ad Agnese, la quale rianimata disse: «Se volessi, potrei inventare una storia per contentare Vossignoria illustrissima, ma sono incapace d’ingannare una gran persona come Ella è; e non sappiamo proprio niente di più.»
« Dio buono!» disse il Cardinale: «insidie, colpe, sciagure, incertezze, ecco il mondo dei grandi e dei piccioli. Ma voi,» disse a Lucia, «che pensate adunque di fare intanto?»
«Io,» rispose Lucia: «io vedo che il Signore ha deciso
altrimenti di me,9 che non mi vuole in quello stato; e ho messo il mio cuore in pace. E se trovassi dove vivere tranquillamente, fuor d’ogni pericolo... se potessi esser ricevuta conversa in un monastero... consecrarmi a Dio ...»
«Oh che furia!» sclamò Agnese.
«Voi vi siete promessa, buona giovane,» disse Federi¬