Pagina:Gli sposi promessi III.djvu/131


capitolo v - tomo iii 497

fatta non per ozio né per ispasso, ma per un gran bisogno che ne aveva, per uscire da un impaccio. Oltre questa cagione generale, si può supporre senza temerità che quell’uomo, benché1 dagli effetti avesse dovuto conoscere quanto il suo ordine era stato pazzo,2 non voleva rivocarlo egli,3 e perdere così tutto il favore del popolo, anzi cangiarlo in furore; giacché certamente il popolo l’avrebbe creduto subornato e corrotto, se avesse tolto ciò che egli aveva stabilito come giusto. Prevedeva egli dunque che la cosa non sarebbe durata, ma lasciava ad altri la briga di4 dichiararla cessata legalmente. Come però spesse volte bisogna rispondere qualche cosa ai richiami che non si vogliono5 soddisfare, Antonio Ferrer rispondeva ai fornaj,6 a tutti quelli che per uficio erano costretti parlargli dello stato angustioso delle cose, rispondeva che i fornaj avevano guadagnato assai assai in passato, e che era giusto che tollerassero allora quella picciola perdita. I fornaj replicavano che non avevano7 fatti questi guadagni, e che non potevano più reggere alla perdita presente; Antonio Ferrer, ripigliava che avrebbero guadagnato nell’avvenire, che sarebbero venuti anni migliori, che insomma il tempo avrebbe rimediato a tutto.

  1. toccasse con mano il prezzo
  2. non
  3. atterrito
  4. farla
  5. menar buoni
  6. [agli] ai
  7. guada




Manzoni, Gli sposi promessi. 32