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capitolo ix - la signora tuttavia | 317 |
tempo perduto con voi: siamo troppo differenti1 nel pensare: ma a tutto si può rimediare: i mattoni son lì tutti come contati; e ad ogni volta mi dò la briga di riporli al loro2 posto antico: basta che io porti un po’ di calce, il muro sta come prima, tutto è finito.»
«No, no, no ... » riprese affannosamente Geltrude:ref>fare</ref> «dite, che volete ch’io faccia?»
«E’ vero,» continuò l’uomo abbominevole, come se persistesse nel suo proposito, «è vero che vi sono anche quelle altre...»
«Zitto, zitto per pietà» disse Geltrude « ché non sentano: volete farmi diventare il ludibrio di quelle...»
«Quelle, quelle» rispose Egidio3 «saranno certamente più pronte a rendermi un servizio.»
«Dite, dite, che volete ch’io faccia?»
«Chiamatele,» riprese imperiosamente Egidio «e troveremo insieme il mezzo di condurre a capo questa grande impresa.»
«Dite...»
«Chiamatele, dico,» riprese Egidio, e Geltrude strascinata ancora una volta un passo più innanzi nella via della perversità,4 avvezza ad ubbidire, ubbidì e andò a chiamare le sue complici. Egidio sapeva quello che aveva detto; e quelle due sciagurate erano infatti più tranquillamente e più risolutamente perverse di Geltrude. Geltrude5 dei loro discorsi, del loro contegno 6 sentiva talvolta7 orrore, disprezzo,8 ne riceveva una specie di scandalo; ma questi sentimenti ricadevano terribilmente su la sua coscienza, perché ad ogni volta9 Geltrude era costretta a ricordarsi che10 dessa era quella, che aveva fatto far loro i primi passi nel cammino, dove ora la precorrevano. Non parlo che di questi sentimenti, perché gli altri tutti orribili e tutti fastidiosi che dovevano nascere in11 quegli animi in quella situazion12 non sono da descriversi: basti dire che13 con tante cagioni di vicendevole ripugnanza una sola cosa le teneva unite:14 la partecipazione d’un sangue, l’avere una sola coscienza: vi-