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capitolo viii - la signora tuttavia. | 301 |
Non cosi il lettore, il quale, quando voglia continuare la sua lettura, faccia qui tosto la spiegazione di tutto il mistero. Il Conte Attilio, tornato a Milano, s’era tosto portato ad inchinare il conte suo Zio del consiglio segreto. Era questi un vecchio ambizioso, geloso1 della parte di potere che gli era venuto fatto di affermare, e geloso non meno dell'onore della sua famiglia e di tutto il parentado,2 al modo che s’intendeva l’onore a quei tempi. Egli era, per due sorelle, zio dei due cugini, e quindi chiese tosto ad Attilio novelle dell’altro nipote D. Rodrigo.
«Che fa quello sventato? Ma non serve ch’io ne chiegga a te, che sei uno sventato come lui, e3 devi sempre trovarlo irreprensibile.»
«Mi ha imposto di baciare umilmente la mano all’Eccellenza del signor zio, alla quale è sempre devotissimo.»
«Sì sì... mantiene bravi tuttavia?»
«Oh Signor zio, bravi... non si può veramente chiamarli bravi: tiene un corteggio di servitori conveniente alla sua nascita, e4 al decoro della parentela.»
«Sì sì... ma Sua Eccellenza il signor Governatore non vuole i corteggi a questo modo, e si lascia5 qualche volta intendere che toccherebbe ai Ministri, e ai loro parenti dare l’esempio.»
«Ma vede bene, signor zio, il mondo diventa peggiore di giorno in giorno...» «Oh questo sì; ma non tocca a te il dirlo...»
«Ad ogni modo, il mondo è pieno di gente che non 6 porta rispetto né alla nascita né al nome, se7 uno non lo fa rispettare.»
«Anche questo è vero; ma, quando si ha uno Zio nel consiglio segreto e all’orecchio di S. E., non si deve temere di soperchiatori.»
«Certo, che con l'amparo del signor zio noi potremo aver soddisfazione di qualunque offesa; ma intanto8 gl’impegni nascerebbero, e il Signor Zio, che 9ha tanta bontà di cuore, avrebbe disturbi ad ogni momento per causa nostra. Così i temerarj si contengono col solo timore.»