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300 | gli sposi promessi - tomo ii |
«Se i superiori dovessero render ragione1 degli ordini che danno, non vi sarebbe obbedienza.»
«Va benissimo; ma questa è la mia ruina.»
«Ci vuol pazienza, buona donna. Pensate al contento che proveranno quei di Palermo a sentirlo predicare: perché, vedete, il padre Cristoforo è cima di predicatori;2 è un santo padre in pulpito.»
«Oh il bel sollievo per me!»
«Vedete se v’è qualche altro nostro padre, che possa tenervi luogo di lui, rendervi qualche servizio; nominatelo, e lo andrò a chiamare.»
«Oh Santa Maria!» rispose Agnese con quella riconoscenza mista di stizza, che3 fa nascere una offerta dove si trovi più di buona volontà che di4 convenienza: «chi ho da far chiamare, se non conosco nessuno: quegli sapeva tutti i fatti miei, mi dava tutti i pareri, aveva amore per noi poveretti. »
«Dunque abbiate pazienza,» rispose5 di nuovo il frate, disponendosi ancora a partire.
«... Ma, ma... » domandò ancora Agnese «quando sarà di ritorno?6... così a un dipresso?»
«Mah!» rispose il frate. «Quando avrà terminato il quaresimale, cioè a Pasqua,7 aspetterà un’altra obbedienza per sapere se deve restar là dove è andato, o tornar qui, o portarsi ad un altro 8 luogo, dove comanderanno i superiori: perché, vedete, noi abbiamo conventi in tutte le quattro parti del mondo.»
«Oh la bella storia!» sclamò Agnese.
«Questo è quello che vi posso dire,» rispose9 il frate chiudendo questa volta la porta sul vólto ad Agnese; la quale, dopo esser rimasta ivi10 un qualche tempo come smemorata, riprese tristamente la via della sua casa,11 pensando come12 potrebbe riparare una tanta perdita e arzigogolando i motivi di una sì subitanea disparizione, senza poter13 mai venire ad una congettura14 un po’ soddisfacente.