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| 276 | gli sposi promessi - tomo ii |
va. lo non ho inimicizia con nessuno in Monza: chi dunque ti vorrebbe toccare? La faccia di bravo non ti manca, e, cospetto! non incontrerai nessuno che non sia contento di1 lasciarti passare.2 Quanto alla giustizia dovresti vergognarti di avervi pensato un momento. Bisognerebbe che i birri di Monza fossero bene stanchi di vivere, per azzuffarsi con tre malandrini che vanno tranquillamente pei fatti loro.»
«Sia per non detto, illustrissimo signore: io parto immediatamente.»
«Bravo: hai amici in Monza?»
«Eh, Signore, io ho amici e nemici per tutto il mondo. 3 Sono stato in prigione con uno che4 sta per bravo dal Signor Egidio... e abbiamo fatta una amicizia da spartire colle pertiche, conosco... »
«Bene tu avrai da questi informazioni, e ajuti al caso. Una mano lava l’altra, e le due il viso. Coraggio, e prudenza: comprare e non vendere; andare e tornare.»
«Vado e torno; e se osassi...»
«Che?»
«Pregare Vossignoria illustrissima di non dire ad alcuno che il Griso ha dubitato un momento. Vede bene, ognuno nel suo mestiere ha a cuore la sua riputazione.»
«Va, va, balocco che sei: credi tu che io abbia bisogno di5 esser pregato per tenere in credito la mia gente?»
Il Griso parti coi due compagni,6 spiò, e raccolse: che Lucia era nel monastero, sotto la protezione della signora; che però7 la Signora l’aveva ricevuta per compiacere al padre guardiano; che nessuno pensava che8 altrimenti ella si sarebbe pigliata a petto questa faccenda, giacché9 Lucia non le apparteneva per nulla; che Lucia abitava nel monastero, ma fuori del chiostro; che10 si lasciava poco vedere11 e sempre di chiaro giorno; che la madre12 aveva disegnato di tornarsene a casa, lasciando Lucia cosi bene appoggiata. Tutte queste cose riferì il Griso a Don Rodrigo, il quale, lodatolo e ricompensatolo, si pose seriamente a pensare quale risoluzione fosse da prendersi.
