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xii prefazione


Il copioso manoscritto primo del Manzoni, o stesura di getto, è in fogli grandi, da protocollo come s’usa dire (esattamente 31X21), carta bigiognola a mano; si compone di quattro tomi, e ciascuno di vari capitoli: otto il I, undici il II, nove il III come il IV; risulta di circa cinquecentocinquanta fogli, numerati in gran parte ogni due pagine comuni, onde quei recto e verso di certe note, ossia di circa duemiladuecento pagine. Ai quali fogli però vanno aggiunti: qualche duplicato, qualche scarto, un lunghissimo capitolo, dato qui tra le appendici, che fu piú succintamente rifatto, nonché mezzi foglietti, pezzi di foglio aggiunti qua e là e attaccati per lo piú con piccole ostie colorate. Tutto calcolato, si hanno circa duemilacinquecento pagine, ossia una fatica non comune per l’autore, anche se guardata dal solo lato della scrittura: pagine, che furono poi in gran parte trascritte e rifatte, onde il secondo manoscritto, o seconda stesura, a sua volta essa pure copiata, per l’esemplare presentato alla censura, ma non da Lui. Che però non ristette da cancellature ed emendamenti anche in questa, come nelle varie prove per la stampa: quella stampa laboriosissima, che volle quasi il doppio del tempo impiegato nella creazione. E ciò si fa sapere, non per isfoggio di inopportuna e abbastanza facile copia di notizie da parte di chi ha messo le mani nei preziosi e venerati fogli, tra sentimenti difficili ad esprimersi, con la piú scrupolosa diligenza; ma affinché i giovani specialmente siano persuasi d’una verità oramai indiscutibile e di cui è inutile cercare lo scopritore, giacché balza evidente a chiunque cerchi l’origine d’ogni opera grande: che il genio è, sí, fiamma sublime, ma anche pazienza umilissima.

Se esercitata largamente dal grande artiere e insegnata dunque a chi possa liberamente entrare nella sua fucina e stargli daccanto, vederlo anzi quasi compiere tutta l’opera meravigliosa; come non ne avrebbe avuta quell’ospite curioso ed amoroso, che può ora parlarne con tanta soddi-