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capitolo vi. - peggio che peggio. 109


«Bisogna che il curato ci sia, e questo è facile, ma non fa bisogno ch’egli voglia, che è il punto.»

«Spiegatevi meglio.»

«Ecco come si fa. Bisogna aver due testimonj, destri e ben informati. Si va dal parroco. Lo sposo dice: — Signor curato, questa è mia moglie: — la sposa dice: — Signor curato, questo è mio marito: — il parroco sente, i testimonj sentono, e il matrimonio è fatto e sacrosanto come se lo avesse fatto il papa. Ma bisogna che il curato senta, che non s’interrompa, perché se 1 ha tempo di fuggir prima che tutto sia detto, non si è fatto niente. Bisogna dire in fretta, ma chiaro, 2 sentite: come faccio io: — questa è mia moglie: questo è mio marito: — 3 (e faceva mostra di una volubilità di lingua che in verità possedeva in modo singolare). Quando le parole son proferite, il curato può strillare, strepitare, fare quello che vuole, siete marito e moglie.»4

«Possibile!» sclamò Lucia.

«Oh vedete, disse Agnese che nei trent’anni che sono stata al mondo prima di voi altri, non avrò imparato niente. La cosa è certa5 e una mia amica che voleva pigliar marito contra la volontà dei suoi parenti, ha fatto così. Poveretta! che arte ha usato per riuscirvi, perché il curato stava sull’avviso,6 ma ha saputo cogliere il momento,7 ha pigliato colui che voleva, e se ne è pentita tre giorni dopo.»

8«Se fosse vero, Lucia!» disse Fermo, riguardandola con aria di una aspettazione supplichevole.

«Come! se fosse vero?» ripigliò Agnese: «Io mi 9 affanno per voi, e non son creduta. Bene bene; cavatevi 10 d’impaccio come potete: io me ne lavo le mani.»

«Ah no! non ci abbandonate,» disse Fermo.

  1. vi sfugge
  2. questa è mia moglie, questo è mio marito, come faccio io
  3. [e faceva] e dava loro lezione di una volubilità di lingua
  4. Degna d’essere conosciuta un’aggiunta posteriore, che non fu poi mantenuta, ma che è in relazione al così ben colorito ritratto d’Agnese, ed ha un sapore particolare della nota ironia manzoniana: Fra persone cólte, è un inconveniente molto comune quello di pronunziar nettamente le parole, e d’annettervi idee spropositate. Ad Agnese era accaduto il contrario: Mi storpiava il vocabolo, ma aveva l’idea precisa della cosa
  5. [ed io ho] e ho conosciuto
  6. e poi si è pentita. - Lucia: disse Fermo
  7. è stata
  8. - Lucia, disse Fermo, questa è una ispirazione di Dio: se voi mi volete bene, se volete esser mia... io m’ingegno a trovare i testimonj, e
  9. cruccio
  10. impiccio