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prefazione | ix |
genio che crea senza posa, in grande, per quanto è figure sfondi quadro in generale, con l’esuberanza dell’ispirazione impetuosa; e scopri, sí, ora codesta esuberanza, ora la cura eccessiva o la noncuranza di qualche particolare, ma hai il tutto nel momento, o nei momenti felici della fecondità gioiosa.
Diversa la costruzione generale, maggiore il numero delle persone, come diverse, sia pure di qualche tócco per una piú viva e arguta pittura dell’umano, le loro figure fisiche e morali; piú larghi, o spaziosi, come avrebbe detto un pittore del tempo, gli sfondi; piú vivi i particolari, se si devono dir cosí, e i mezzi dell’espressione (quanta varietà nelle immagini, negli accorgimenti e scorci stilistici!) anche nel faticato ideale di piena padronanza, qualche volta, e, diciamolo pure, piú volte, non raggiunta, della materia difficile a rispondere, per il non sicuro possesso della lingua. A questo proposito, anzi, poiché tu sei dinnanzi al prodigioso della sostanza e al meschino di certe apparenze rimaste però quasi sempre soltanto estrinseche, e senti il duro travaglio dell’artefice, che batte martella e rimartella, in lotta tra l’abbondanza del creare sicuro e la difficoltà dell’esprimere chiaro, proprio, intelligibile súbito a tutti: godi e soffri, trepidi e procedi impavido, come ha goduto e sofferto, trepidato e proceduto impavido il poeta.
So bene: chi scorre alcune di queste pagine, tempestate di note, e s’accompagna, per mezzo di esse quasi all’andare di Lui, ha l’impressione d’un viatore, che, pur avendo forza e ardire per raggiungere le meta prefissa, fa un passo o due, poi si ferma, sembra anzi qualche volta quasi pentito di quelli fatti e torna addietro, cancellando pudico le orme errate, qualche volta lasciandone incerto la traccia; ma soste e ritorni non sono infine se non prove, che preparano rapide corse felici: prove di gagliardia prudente e consapevole della immensa difficoltà, cui dev’essersi preparato chi si sforza alle cime dell’arte bella e buona.