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satire | 77 |
SATIRA NONA.
I VIAGGI.
CAPITOLO PRIMO.
Ἄνδρά μοι ἔννεπε, Μοῦσα, πολυάργον1, ὃς μάλα πολλά Πλάγχθη. |
Omero, Odissea, v. 1. |
Narrami, o Musa, le ozïose imprese, D’uom, che tanto vagò. |
Certo, l’andar qua e là peregrinando
Ell’è piacevol molto ed util arte;
Pur ch’a piè non si vada, ed accattando.
Vi s’impara più assai che in su le carte,
Non dirò se a stimare o spregiar l’uomo,
Ma a conoscer se stesso e gli altri in parte.
De’ miei vïaggi, per non farne un tomo,
Due capitoli soli scriverò:
Eccomi entrato già nell’ippodròmo. —
Del quarto lustro a mezzo appena io sto,
Ch’orfano, agiato, ineducato, e audace,
Mi reco a noja omai la Dora e il Po.
Calda vaghezza, che non dà mai pace,
Mi spinge in volta: e in Genova da prima
I passi avidi miei portar mi face.
Ma il Banco, e il Cambio, e sordidezza opíma,
E vigliacca ferocia, e amaro gergo
Sovra ogni gergo che l’Italia opprima,
E ignoranza, e mill’altre ch’io non vergo
Note anco ai ciechi Liguresche doti,
Tosto a un tal Giano mi fan dare il tergo.
E, bench’un Re non mi piacesse, io voti
Non fea pur mai per barattanni un Re
In sessanta parrucche d’Idïoti.
- ↑ Nel Testo d’Omero si legge πολύτροπον.