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72 vittorio alfieri


Nè v’ha chi in esser giusto il passi o adegue:
Che, ancorchè l’altrui Sette egli odj e sdegni,
Umano pur, nessuna ei ne persegue.
Ma, per quanto anco d’ignoranza pregni
E di barbarie sien Turchi ed Egizj,
Son gemme a petto ai nostri begl’ingegni;
Che traboccanti d’impudenti vizj,
Negan Dio, perchè il temono, accaniti
Contro a chi spera nei celesti auspizj. —
Or, s’io provai che dagli Ebraici riti
E dai Cristiani e dal Coran pur anco
Ne sono assai men rei gli uomini usciti
Che non dal Volteresco rito Franco,
Che ogni Nume schernendo un popol crea
Cui vien pria che i misfatti il ferro manco:
Provato avrò, più assai ch’uopo non fea,
Che Mosè, Cristo, e Maometto, ognuno
Di te, Voltér, più sale e ingegno avea.
E dico Ingegno, poichè in conto niuno
Tu nè di probo nè di santo il nome
Tenevi, appien di pia moral digiuno.
Volar sovr’essi, non ne avendo il come,
Stupido assunto egli era: e tal, che giù
Cadevi, sotto alle stolte tue some.
Tacer dei Culti, un error mai non fu:
Il rifarli, non è da bimbo in culla:
E disfarli, il tentavi indarno Tu,
Disinventor, od Inventor del Nulla.