Lauda tu sol te stesso,
Poich’è il mentir tuo più bel pregio espresso.
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L’arte sua ciascun faccia. Il vero scriva
Chi men se stesso cura, che sua fama:
Chi del falso s’impingua, il ver proscriva,
Poichè protrarre il suo morir sol brama.
Resta a vedersi poi de’ due qual viva,
Se l’uomo, o il nulla, che più ch’uom si chiama.
Feroce un veglio il Proscrittor sommerge;
Sovr’ali eterne al ciel lo Scrittor s’erge.
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In risposta a un’ode del Parini.
Forse alcun pregio aveano
Le mie tragedie allora,
Che di tua mano amabile,
Le ricevea l’egregio
Vate, a cui Giovenal sua sferza diè:
Ma non così piaceano
Altrui poi per se stesse,
Allor che inesorabile
Il comprator sovr’esse
Nude di un tanto fregio
Sfogando andava i suoi zecchini tre.
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A diverbio un eunuco era venuto
Con un poeta: questi in due parole
Fe’ rimanerlo scorbacchiato e muto:
«Un paio più, di quel ch’aver l’uom suole,
«All’arte mia fa d’uopo: e tu no ’l sai,
«Perchè appunto se’ tu ciò che non hai».
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