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il misogallo 187


cosse, io a viva forza l’ho cacciata alla guerra; io le ho tolti tutti i guadagni, le ho tolto perfin la parola; eppur quella plebe lui ha obbedito, e tremato. Que’ Finanzieri insolenti, che a tempo tuo gareggiando co’ nobili ne’ vizi, e nel lusso, li offuscavano e deridevano; io gli ho spogliati, straziati, decapitati, sperperati; ed i pochi rimasti mi hanno obbedito, e tremato. Quei parlamentari, che a te riuscivano di tanto fastidio, e che tu esiliavi di tempo in tempo, tremando, e che di lì a poco tu richiamavi, piangendo; io quelli ho scherniti, spogliati, ed annichilati. E chi per essi si è mosso? Chi gli ha neppure compianti? Quei nobili, orgogliosi pur tanto, coi quali tu procedevi con tante cautele, e riguardi: quelli che tu dovevi tutto dì confettare, abborrendoli; non uno di essi ho lasciato, che avvilito non fosse, e muto, e pezzente; uccisi gli altri tutti, o scacciati. Quella Convenzione finalmente, che a te toglieva il trono, e la testa, da me nel silenzio, e terrore si lasciava pure strappar quanti membri piacevami di strapparle. Io le ho tolta ogni libertà di suffragi: l’ardire le ho tolto, e quella innata sua garrulità fastidiosa, ed il mormorare, ed il far cenni pur anche.

Re Luigi. Inorridire ad un tempo, e rider mi fai. Codesta tua immane mostruosità di carattere, innestata in un vigliacco qual fosti pur sempre, manifesta in tutta la sua estesissima pompa la stupida imbecillità di chi ti ha sofferto pur tanto.

Robespierre. Ma il tutto ancor non ti ho detto. Odi le rimanenti mie imprese: odile, e ritrova quindi parole, se il puoi, per denominare il tuo popolo. Io, dopo aver tolto, a chi il fratello, a chi il padre, a chi i figli, a chi l’amante o l’amata; io, dopo aver tolto ogni specie della più innocente libertà, e il quieto vivere, e gli agi della vita, e il parlare, e il pensare, e il respirare, ed il piangere, a ciascheduno; io, ad arbitrio mio, e capriccio, ho murate le Chiese, inibito ogni culto divino, distrutti i Sacerdoti, professato, e comandato l’Ateismo: ed io sono stato da tutti obbedito. Vuoi più? Successivamente avvedutomi poi, che gli Dei (quai ch’e’ fossero) assai comodo faceano ad ogni uomo che regna, io ho da prima instituite, e comandate alcune feste pagane, con Deità allegoriche femminine tutte, e di palpabile carne. Le feste mie riuscirono numerose, pompose, e solenni. Lietamente i nostri Francesi passarono, e con dolcissima indifferenza, dall’Eucaristico pane alle mimiche carni di quella prostituita, ch’io Libertà intitolava, o Virtù; e queste come quello adorarono.1 Vuoi più? Ravvistomi io poi successivamente (perchè io



  1. La nota a queste parole è stata fatta già circa 1900 anni addietro da un certo Cicerone, ch’era bastante politico, e conosceva bene sì gli uomini, che i Francesi. Disse questi nell’orazione per Marco Fontejo: «codeste Nazioni