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il misogallo 169


PROSA QUARTA.

23 luglio 1794.

Dialogo fra un uomo libero ed un liberto.

XVII.     ῝Ρᾴδιον μὲν γὰρ πόλιν σεῖ-
σαι, καὶ ἀφαυροτέροις · ἀλλ’ ἐπὶ χώ-
ρας αὖθις ἔσσαι, δυσπαλὲς
δὴ γίνεται ἐξαπίνας
εἰ μὴ Θεὸς ἁγεμόνεσσι κυβερ-
νατὴρ γένηται.


Pindaro, Pizie, Ode IV, verso 484.


Sovvertir la Città può il vil, può il rio;
Ma ritornarla in fiore
Sol può il valore
Dei grandi veri a cui sia scorta un Dio.



Liberto. Benchè io non ti vedessi mai a’ miei dì, pure il tuo aspetto leale, ed il tuo maschio contegno mi svelano in te, a bella prima, un uomo libero.

Libero. Mi pregio infatti di esserlo, e d’inclinazione, e di nascita.

Liberto. Nasci tu forse nell’America Inglese?

Libero. Sì, per l’appunto; e fin dai primi miei anni io militai per la patria; ed ebbi alfine l’inesplicabile consolazione di vedervi e confermare e ampliare quella libertà primitiva, sotto i di cui auspicj erano state fondate le nostre colonie, ma in appresso poi dal governo Britannico ingiustamente oltraggiata.

Liberto. Voi li dovete dunque veramente abborrire cotesti Inglesi.

Libero. L’uomo libero non abborrisce che la tirannide, e il vizio. E, somma fatta, gl’Inglesi rimangono pur tuttavia il più libero, e il men corrotto popolo dell’Europa.

Liberto. Io ti credei ben piuttosto venuto dalla Luna, che non dall’America. Non lo sai dunque tu, che non c’è più oramai nessun altro popolo in Europa, che noi?

Libero. Voi, cioè i Francesi? Siccome io non leggo mai fogli pubblici, perchè non ho tempo da perdere, il tuo dire mi giunge nuovissimo, e non ho saputo mai, che voi foste un Popolo.

Liberto. Come? mentre il globo tutto rimbomba, e trema delle nostre vittorie, e conquiste, tu ignori che i Francesi si son fatti un vero, e gran Popolo?