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giammai, che un popolo, in sì fatta occasione manifestatosi gratuitamente crudele, vile e tirannico, non fosse intrinsecamente (e non meritasse di essere) un popolo servo; come altresì nessuno dubiterà mai, che un tiranno, (poichè tal mi chiamaste, da che io cessai dal comando) manifestatosi pur sempre pietoso e giusto ed umano, non fosse, o non meritasse di essere, il giusto, e legittimo Re di un popolo vero, che giusto, magnanimo e libero sapesse pur essere, o farsi.

Ma, se io fossi stato tiranno, nessun di voi certamente attentato sarebbesi tiranno chiamarmi. Ed in prova, nè all’undecimo, nè al quartodecimo Lodovico, nessuno mai de’ maggiori vostri ciò disse. I cangiati tempi, e la stessa efficace mia volontà, aveano addotto oggimai quell’istante, che a voi concedeva di ascendere da schiavi all’essenza di liberi uomini; come a me, di potermi da illimitata, e soverchia, a moderata, giusta e durevole autorità innalzare. Venuto era il punto, ma non venuti eran gli uomini. Ad arbitrio vostro interissimo, non impediti voi da nessuno, vi siete andati fabbricando con la rovina di tutti un governo, che ingiusto riusciva tosto, e mostruoso, non meno che insussistente e risibile. Giurato da voi, e da me, nè voi lo adopraste, nè io. Ma, di chi fosse la colpa, coi fatti brevemente si mostri.

Voi, del pubblico disordine figli, del pubblico disordine grandi, troppo conscii a voi stessi della insufficienza vostra al ben governare, incapaci affatto di dar savie leggi, guidati soltanto dalle private vendette; Voi, nella total distruzione d’ogni legge, ed usanza anteriore, avete stoltamente creduto dar base durevole alla nuova vostra tirannide. Abbattuta, annichilata da Voi, e proscritta del Re la persona, ed il nome; ma non abbattuta no, nè proscritta la terribile smisurata potenza del Re. Chè anzi, a voi addossandola, tant’oltre con le insanguinate mani l’avete voi spinta, che ai Neroni, e Caligoli invidia sareste. Le proprietà di tutti, o incendiate, o rapite, o dimezzate, o mal certe; le persone, quali sotto un simulato manto d’inique arbitrarie leggi, imprigionate, e straziate: quali altre, con crudeltà più sfacciata, nelle proprie lor case, nelle pubbliche vie, nelle carceri stesse, e (ardirò io pronunciarlo, altri crederlo?) nei sacrosanti Templi pur anco, da vili mal compri assassini trucidate, e sbranate... Che più? Imprenderei forse io a ritrarre, o ad accennare neppure, gli orrendi incredibili effetti della tuttora nascente tirannide vostra? Tremanti or qui tutti voi stessi (mentre pur me giudicar pretendete); tremanti nel cuore voi tutti non veggo fors’io, benchè in simulato contegno di stoica fortezza la servil vostra fronte sotto l’ampio cappello ascondiate? Ergete, ergete quegli occhi ai palchi affollati, che degnamente or v’ac-