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Lor vetuste catene, cui mal resse
Con man più ch’essi eunuca un Re Borghese.
Han trasmutato l’un tiranno in mille,
In calunnie le spie, l’argento in carta,
I ricci in baffi, ed in quattrin le squille.
Libertà ch’ei non hanno, han pur già sparta
Per tutta Europa; ogni Galluzzo è Achille;
E sono un nulla e Atene, e Roma, e Sparta.


SONETTO VI.

13 novembre 1790 in Parigi.

Stridula ruota di vil carro informe
Vid’io talor, col suo girevol cerchio
Fendere il negro fetido coperchio
D’alto fangaccio liquido che dorme.
Appiccicate ad essa ergonsi a torme
Le sozze particelle, il cui soperchio
Tosto ricade, e fa di sè scoperchio
Il legno che oltrepassa, e non lascia orme.
Tal veggio or qui nella Città del Loto,
Oratoracci infra una vil genia
Aggirarsi per darle anima, e moto.
Ma il frutto di lor stolta diceria
Un delitto sempr’è, di senno vuoto,
Per cui si ottien che ogni uom più sozzo sia.1

SONETTO VII.

2 febbraio 1791 in Parigi.

Impetuoso Borea stridente
Davanti a se fugace neve incalza,
E tra’ vortici suoi densa la inalza,
Sì che l’aere s’oscura orribilmente.
Mentr’atomo contr’atomo, fremente,
Volteggiante, l’un l’altro urta, e trabalza;
Mobil caos che se stesso, in sè rimbalza,
Veggio, e agli occhi sparisce di repente.




  1. Più sozzi assai che non erano ci riescono i rigenerati presenti schiavi Francesi, appunto a cagione del maggior contatto, e arruotamento dei loro putrefatti individui. È antico assai il proverbio che dice: Fogna rimestata; raddoppia il profumo.