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il misogallo 141


l’imperatore) gemendo allora sotto la funesta amicizia della nuova Repubblica Francese, ad ogni minima richiesta di essa avrebbe dovuto per lo meno espellere da’ suoi felicissimi Stati e l’Autore ed ogni sua aderenza.

Circa due anni dopo quella sua totale spogliazione parigina, l’autore con l’occasione, che un suo conoscente italiano andava per pubblici affari a Parigi, gli consegnò la seguente memoria brevissima per procacciare almeno la restituzione delle di lui carte, e dei libri, la di cui privazione gli riusciva dolorosissima.

DOCUMENTO II.

Memoriale da Vittorio Alfieri trasmesso in Parigi

nel marzo 1795.

Per farmi libero io,
Molti anni addietro, credulo ingolfai
In Francia più che mezzo l’aver mio.
Quel Re Luigi, a chi il danar prestai,
Dieci anni dopo mi donò i tre quinti
Soli dei frutti, con bontà regale:
Ma la Nazion leale,
Del Re biasmando gli atti come rei,
Restituimmi tosto i cinque quinti;
Poi, di lì a poco, men ritolse sei.1



  1. L’Autore si servì di quella antiaritmetica espressione di sei quinti per venire appunto a specificare così brevemente, e con verità, che gli era stato tolto oltre gli annui dovuti frutti futuri anche gli arretrati di due anni: e di soprapiù poi i suoi mobili tutti, e libri, ed effetti d’ogni sorta.

    Quell’amico italiano dimorante in Parigi, avendo alcuni mesi dopo risposto all’Autore, che quei barbassori riconoscevano esser giusta la di lui domanda, e che v’era la miglior Volontà nel Governo allora vigente di fargli restituire almeno i libri, e le carte (essendosi appurato, che questo soltanto, delle di lui spoglie, non era stato fin allora venduto), ma che le difficoltà eran grandi, le formalità moltissime (benchè al pigliare se ne fossero adoprate pochissime), e che la riuscita sarebbe, se non dubbia, almeno lunghissima; allora l’Autore, per esser egli d’indole assai poco pregante, volle con la qui annessa Ricevuta finale spedita all’amico a Parigi, liberare sè stesso dalla noia di chiedere il suo, e quelle delicate parigine coscienze assolvere ad un tempo dallo scrupolo di ritenere l’altrui.