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il misogallo 135


ralità sociale, e della licenza. Gli spettatori, o fanatici, o stupidi, o stipendiati, o scellerati, facevano un indecentissimo eco all’insania, e impudenza di quei facinorosi strioni. Più volte, con mio sommo fastidio, ed indegnazione udiva io stesso ora spaventar con minacce, ora svillaneggiare con servili improperj, quei deputati, che dissentivano dai sediziosi. In tal guisa veniva loro, o vietato, o troncato il discorso; così che in quella funesta Assemblea, più che in nessuna Corte, ad ogni onesto, e libero avviso era impedita ogni via; e il non far coro coi dominanti ribaldi, a capital delitto ascriveasi. Da un sì fatto scandaloso consesso assoluto, dovea dunque nascere, e trionfare il disordine pubblico.

Ed in fatti la famosa giornata del dì 14 luglio 1789 fu quella che diè la corona all’iniquità vincitrice. Rapidamente la narrerò.

Il dì 12 luglio mattina, in domenica, si era saputo da tutto Parigi, che nella sera del sabato il ministro Necker era stato dimesso d’ogni carica, esiliato dal Regno, e partito nella notte medesima. Era codesto Necker l’assoluto ministro del Re, che sottentrato all’Arcivescovo di Sens aveva con la sua insistenza fatto risolvere il Re alla convocazione degli Stati Generali colla preponderante rappresentazione del Terzo Stato, così detto l’ordine popolare. Quindi i deputati di questo ceto, eletti eguali in numero ai Deputati di entrambi gli altri Ordini, Ecclesiastico e Nobile, cessavano immediatamente di essere il Terzo Stato, e da prima divenuti erano la metà degli Stati, e in poche settimane se ne fecero essi stessi il tutto, avendo sedotti alcuni dei due altri Ordini, coi quali ottenuta la maggiorità de’ suffragi, rimase annichilato, ed inutile ogni ostacolo al loro assoluto volere. Codesto Necker, Tedesco d’origine, Ginevrino di nascita, Banchiere di professione, arricchitosi in Parigi, era già stato Ministro delle Finanze cinque, o sei anni innanzi, e le avea rette assai bene, con intelligenza ed integrità: onde il pubblico, che sopra ogni cosa temeva il fallimento, molto confidava in quest’uomo, considerandolo come un impedimento, o una remora al fallimento. Il di lui esilio, inaspettato, fu dunque la tromba della sollevazione. La sera del dì 12 luglio, verso l’un’ora della notte cominciarono ad adunarsi da 1500 circa persone armate, nel solito giardino del Palazzo d’Orleans: i più erano feccia di plebe; ubriachi moltissimi; disordinati e stolidi tutti: tali insomma, che un corpo di vere truppe forte di soli 600 soldati fedeli gli avrebbe tutti presi, e frustati, che altro gastigo non meritavano. A notte inoltrata usciva un sì fatto esercito, preceduto da molte fiaccole, cercando per le diverse vie di Parigi i soldati del Re, che oramai più non v’erano; essendosi quasichè tutti ritirati sul far della notte nel vicino Bosco di Bou-