nel bel centro di Parigi, il palazzo della Giustizia, e il Parlamento
adunatovi, sono investiti dagli armati satelliti regî chiamati
Guardie Francesi, e Guardie Svizzere; di pien mezzogiorno,
nel dì susseguente ne vengono estratti a viva forza, ed in toga,
tre de’ più eloquenti, ed arditi Parlamentarî, e al cospetto di
tutto Parigi vengono strascinati fuor di Città, e inviati nel
punto prigionieri in diverse lontane fortezze. Certo, se alcun
atto mai assoluto, ingiurioso, e sfacciato veniva commesso in
alcuna Monarchia, egli era ben questo. E se mai violenza alcuna
tirannica dovea far muovere un popolo, che fosse stato
di magnanima, e risentita natura, ell’era certamente ben questa.
Io stesso, scrittore, costante e implacabil nemico d’ogni qualunque
tirannide, fremendo allora d’indegnazione, e di rabbia,
più volte dattorno a quell’investito palazzo mi andai aggirando,
e attentissimamente osservai ed i volti, e gli atti, e il contegno
di quel popolo. Ed io asserisco, che allora, o coloro erano perfettissimi,
e ben incalliti schiavi, o ch’io era in quel punto, e tuttavia
sono, uno stupido. Quella naturale insofferenza del giogo;
quel fremere sublime della oltraggiata, ed oppressa ragione;
quel silenzio che parla, od accenna; quel tacito sogguardarsi
l’un l’altro, che tradisce il cor pregno di torbidi affetti, e feroci;
quella mal repressa bollente febbre dell’animo, il di cui
impeto non mai pienamente domabile, se non iscoppia, minaccia; nulla quivi di sì fatte cose vidi io, per quanto in altrui
le cercassi, per quanto io le sentissi in me stesso fierissime.
Quell’arcivescovaccio re, un mezzo cadavere con cinque fanticoli,
facea pur tremar tutta Francia egli solo: che così sempre
avviene in quel regno; chi ha la cassa e il bastone, ancorchè
quella sia vuota, e questo sia rotto, purch’egli nol dica e l’adopri,
è sempre obbedito, e temuto. E tanto ardiva codesto arcivescovo,
che in quell’anno stesso, pochi mesi dopo dichiarò
un fallimento parziale ai creditori dello Stato. Toccati allora
nella borsa, cioè nella vera, e sola anima dei popoli vili, e corrotti,
un qualche sdegnuzzo si destò nei Francesi, ma non mai
nella moltitudine, benchè la stessa infima plebe (per una incredibile
scostumatezza dei governanti, e dei governati, anch’essa
vitaliziata) venisse così a perdere gran parte del suo scarso
vitto, somministratole come frutti dai pubblici fondi. Questa
plebe con tuttociò non dava alcun segno di vita, se le borse
maggiori non incominciavano a comprare da essa il di lei sdegno,
con ricompense, e promesse cercando di triplicarglielo; ed a
comprare dai regi satelliti la impunità dei tumulti di quella
plebe pungolata, e sedotta. Due, o tre individui della classe
chiamata dei grandi, trovandosi potenti assai di denaro, e disgustati
allora con la Corte, cominciarono a stipendiar la ple-