Pagina:Gli epigrammi le satire, il Misogallo di Vittorio Alfieri (1903).djvu/140

132 vittorio alfieri


nel bel centro di Parigi, il palazzo della Giustizia, e il Parlamento adunatovi, sono investiti dagli armati satelliti regî chiamati Guardie Francesi, e Guardie Svizzere; di pien mezzogiorno, nel dì susseguente ne vengono estratti a viva forza, ed in toga, tre de’ più eloquenti, ed arditi Parlamentarî, e al cospetto di tutto Parigi vengono strascinati fuor di Città, e inviati nel punto prigionieri in diverse lontane fortezze. Certo, se alcun atto mai assoluto, ingiurioso, e sfacciato veniva commesso in alcuna Monarchia, egli era ben questo. E se mai violenza alcuna tirannica dovea far muovere un popolo, che fosse stato di magnanima, e risentita natura, ell’era certamente ben questa. Io stesso, scrittore, costante e implacabil nemico d’ogni qualunque tirannide, fremendo allora d’indegnazione, e di rabbia, più volte dattorno a quell’investito palazzo mi andai aggirando, e attentissimamente osservai ed i volti, e gli atti, e il contegno di quel popolo. Ed io asserisco, che allora, o coloro erano perfettissimi, e ben incalliti schiavi, o ch’io era in quel punto, e tuttavia sono, uno stupido. Quella naturale insofferenza del giogo; quel fremere sublime della oltraggiata, ed oppressa ragione; quel silenzio che parla, od accenna; quel tacito sogguardarsi l’un l’altro, che tradisce il cor pregno di torbidi affetti, e feroci; quella mal repressa bollente febbre dell’animo, il di cui impeto non mai pienamente domabile, se non iscoppia, minaccia; nulla quivi di sì fatte cose vidi io, per quanto in altrui le cercassi, per quanto io le sentissi in me stesso fierissime. Quell’arcivescovaccio re, un mezzo cadavere con cinque fanticoli, facea pur tremar tutta Francia egli solo: che così sempre avviene in quel regno; chi ha la cassa e il bastone, ancorchè quella sia vuota, e questo sia rotto, purch’egli nol dica e l’adopri, è sempre obbedito, e temuto. E tanto ardiva codesto arcivescovo, che in quell’anno stesso, pochi mesi dopo dichiarò un fallimento parziale ai creditori dello Stato. Toccati allora nella borsa, cioè nella vera, e sola anima dei popoli vili, e corrotti, un qualche sdegnuzzo si destò nei Francesi, ma non mai nella moltitudine, benchè la stessa infima plebe (per una incredibile scostumatezza dei governanti, e dei governati, anch’essa vitaliziata) venisse così a perdere gran parte del suo scarso vitto, somministratole come frutti dai pubblici fondi. Questa plebe con tuttociò non dava alcun segno di vita, se le borse maggiori non incominciavano a comprare da essa il di lei sdegno, con ricompense, e promesse cercando di triplicarglielo; ed a comprare dai regi satelliti la impunità dei tumulti di quella plebe pungolata, e sedotta. Due, o tre individui della classe chiamata dei grandi, trovandosi potenti assai di denaro, e disgustati allora con la Corte, cominciarono a stipendiar la ple-