detti loro, li hanno tenuti uguali in alcune arti ad alcune di esse, inferiori in molte altre, e superiori in nessuna, fuorchè nell’arte della pettinatura, ballo, cucina, ed effeminatezza. Del rimanente, nella guerra inferiori ai Tedeschi, agli Svizzeri, e Spagnuoli ogni qual volta le circostanze erano pari; così nella nautica, e commercio inferiori agl’Inglesi, ed ai Batavi; nelle scienze, nella poesia, e nelle belle arti agl’Italiani; nell’interna politica a tutti; ed in somma, di numero sì, ma in nessun’altra cosa maggiori di niuno de’ popoli dell’Europa; nè inventori veramente, se non se di un sol genere; ma in questo poi, da niun’altra nazione, nè imitati mai, nè imitabili; cioè della difficile arte di operare con ampissimi mezzi picciolissime cose. Del resto non si vede quasi mai un Francese serbare il contegno del proprio stato, nè andar d’accordo coi propri mezzi, nè conoscere sè stesso e le cose. Se il ballerino parla del ballo, egli vi adopra frasi, quali appena un Pompeo avrebbe adoprate nel parlare della Repubblica. Ma se all’incontro i Francesi legislatori della loro infantile Repubblica parlano; il ballerino, e l’arricciatore, e l’istrione vi trapelano, e misti (ch’è il peggio) allo schiavo, e al carnefice. Le più gonfie, e le più (non dirò calde) ma riscaldate espressioni, vengono adoprate con profusione da essi per le loro più triviali cose; onde, se a caso nascessero poi mai le sublimi, non rimarrebbero più parole, nè modi per degnamente lodarle. Queste gelide, e perpetue esagerazioni, da altro non nascono se non dal pochissimo loro sentire di cuore, e dal fittizio sentire di capo. Da questo procede la stomachevole affettazione de’ gesti, passi, contegno, e parole delle loro donne; da questo pur anche quel loro ingegno imparato, e ridotto a parte studiata, e continua recita; quel giudicar d’ogni cosa, e non saperne nessuna; quell’intraprenderle, e pretendere in tutte, e non mai farle intere; e quei tanti, e tant’altri incessanti, e manifestissimi gallici aborti.
Che tali siano costoro in generale, non credo che negare si possa giudicandoli dai fatti. Ma, che cotali uomini aborrire si debbano, forse ciò non parrebbe, poichè il deriderli, e il dispregiarli, è bastante. Eppure, ove costoro sian molti; ove ad ogni passo ciascun Europeo se li debba trovare fra i piedi; ove, o direttamente, o indirettamente, influiscano su tutti i popoli dell’Europa, perchè disgraziatamente per essa il bel mezzo ne ingombrano; ove le dimezzate loro nozioni delle cose, con somma altrui sventura da essi propagate, guastino, trasfigurino, e danneggino il vero; egli è allora ben forza di accoppiare alla derisione, e al disprezzo quell’odio intenso, e sublime, che debbesi al vizio; quell’odio, che agguagliare si dee (e superarlo fors’anche) al danno che se ne viene a ricevere; quell’odio in somma,
9 Alfieri – Epigrammi, ecc. |
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