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satire 103


SATIRA DECIMAQUARTA.

LA MILIZIA.

Quinci nascon le lagrime, e i martiri.


Petrarca, Canz. 48, st. 6.



A. Che entrata ha egli il Prusso Re? B. Mi pare
Sien dugento e più mila i ferrei schioppi,
Che il Tutto dal suo Popol gli fan dare.
A. Ma in sì picciolo Stato assai son troppi;
Nè con essi rapir si può mai tanto,
Che al pagarli non nascan poscia intoppi.
B. Ond’esci tu? nascesti jer soltanto,
Che ancor non sai che chi ha più schioppi a soldo
Ottien fra i Re d’ogni eccellenza il vanto?
Più val, quante ha più braccia, il manigoldo:
Dove armati scarseggiano, il buffone
Tosto Alboín diviene; e il Re, Bertoldo.
A. Certo, non son io poi così mellone
Ch’io non sappia il Patrono d’ogni regno
Sempr’essere primiero il San Bastone:
Ma i’ dicea, che tener sua greggia a segno
E tonderla a piacer, con men soldati
Può il Prusso Re, che di tropp’armi è pregno.
B. E mal dicevi; e veggo che imparati
Della vera politica gli arcani
Da te non furo, o gli hai dimenticati.
D’enti dieci che i volti abbiano umani
E bestiale intelletto quanto basti,
Otto i Soldati e due sieno i Villani:
Tosto avverrà che il Prussicciuol contrasti
Agli Austro-Galli ai Russi e ai Suechi, ei solo;
E al fin del giuoco ei vincitor sovrasti.
Quindi ei, stendendo di sua possa il volo,
Due o tre provincie imPrussianate aggiunge
Al desolato suo militar suolo.
E dai pingui lor campi ne disgiunge
Stuol vie sempre più folto d’assassini,
Cui con preda e bastone or unge or punge.