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98 vittorio alfieri


Annichilate, impoverite, e dome
Per lei le genti di remote spiaggie;
Di alloro no, di Baccalà le chiome
Orniamle; poichè lustro ella pur tragge
Dai tanti navigati fetidumi,
Che a forza vende come a forza estragge.
Batavi ed Angli, di quest’arte i Numi
Fatti or ben son da lor natía scarsezza,
Ma inmercantati ci han troppo i costumi.
Arti, lettere, onor, tutto è stoltezza
In questa età dell’indorato sterco,
Che il subitaneo lucro unico apprezza.
Traccie d’amor di gloria invan qui cerco,
Nè di pietà religïosa l’orme. —
Chi sei, che fai? Son tutto: io cambio e merco. —
In mille, e inique tutte, vili forme
Tiranneggiar questo risibil Mostro
Veggio: e Virtù, non mercantessa, dorme.
Voi, Siculi e Polacchi, il grano vostro
Dateci tutto; o vi farem noi guerra:
Pascavi in vece il Salumajo nostro.
Ma il truffato granajo si disserra
Ampio a voi, Lusitani, a patto espresso
Che niun di voi più ardisca arar sua terra.
Tutto a viti piantar vi è pur concesso
Il vostro suol dal buon Britanno amico,
Che il vostro avere ha in cuor più che se stesso.
Ei, bell’e cotto il pan, perchè col fico
Voi vel mangiate in pieno ozio giocondo,
Mandavi; e chi sel cuoce, è a lui nemico.
Così, non che le scarpe anco il più immondo
Attrezzuccio, ei vel manda insino a casa;
E v’inibisce ogni pensiero al mondo,
Fuorchè di dargli quanto vin s’invasa,
Le vostre lane, e gemme, e argento ed oro,
E ogni altra cosa che vi sia rimasa.
Ma voi, Galli nemici e popol soro
Nella grand’arte nautica in cui vinti
Foste dall’Anglo, or siate in suo ristoro
A comprar per trattato a forza avvinti
Dall’Anglo sol del Canadà i cappelli,
E sproni e selle e freni e fruste e cinti.
Voi Suechi e Dani poi, da buon fratelli
Darete all’Anglo solo i vostri abeti,
E il ferro e il rame ond’ei sue navi abbelli.