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xlvii.

glia essere anche ingiusto con gli altri. Le Grazie Berniesche, che vi ridono per entro, ne saran ben contente. Il Pubblico ne avrà sollazzo: Ella ne avrà lode: Io mi compiacerò di non aver errato nel giudizio mio.

Ma s’Ella non à fatto bene a pensar sì male di questa sua gentil fatica, à ben fatto poi peggio a parlar sì magnificamente di me. Sa Ella chi veramente io mi sono? L’Amor proprio non mi fa veder torto. Io mi conosco: mi ascolti, e mi creda. Io son un Uomo, che forse conosce la bella Poesia. Son pieno di buona voluntà. Ammiro Pindaro, ammiro Anacreonte, ed Orazio. Veggo per essi come la divina Lira dovrebbe trattarsi. O’ desiato levarmi sulle lor Orme immortali. Ma che? Tengon questi divini Cantori le Cime, ed io mi trovo ancora alle falde del Monte.

Ella dunque con essi si consigli; e se pur vuole con essi consultar qualche nostro Toscano Maestro, si guardi bene di legger mai le cose mie, e di proporsele per guida. Legga quelle del felice Chiabrera, che a i tre sopra nomati siede vicino.

Sono con la più distinta stima, ed amicizia

Egregio Signore




Divotiss., Obbligatiss. Servidore
Abbate Frugoni.