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xxxvii.

Quel Cotichin, bisogna pur che il dica,
     Al cui confronto, salva la tua gloria,
     249La tua gran Secchia io non valuto cica.

Ma di lui già ne fece alta memoria
     Ne’ giorni addietro altro Cantor Toscano,
     252E gli fè strada alla ventura Istoria.

E dove lascio sotto il Ciel Germano
     Il tentator Westfalico Prosciutto?
     255Il Firentin Salame, ed il nostrano?

Oh, caro Porco, tu fe’ dappertutto,
     Ogni mestier del favor tuo si abbella,
     258Or consistente, or liquido, or distrutto.

Ma i maggior fatti a celebrar mi appella
     Lei, che sul picciol Ren siede, ed impera,
     261Madre d’Arti, e d’Eroi Felsina bella.

Lei d’origin già Greca, e già Guerriera,
     Che il Sacro accolse Tridentin Senato,
     264E un Rè in catene assoggettossi altera.

Ecco un Popolo vasto radunato,
     Ecco di Palchi un ordin teatrale,
     267E ogn’ angolo, e balcon tutto addobbato.