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xxxiii.

Ond'è, che Tito Quinto escito fuori
     Ad affrontar d'Antioco le Genti,
     165Che nella Grecia fean tanti rumori,

Gradì tra mille offerte, e complimenti
     D’un certo Calcidense un ampio invito
     168A eletto pranzo in cima agli ori, e argenti;

E nel mirar un numero infinito
     Di vivande diverse, ch' ei tenea
     171Di trecento Animai, giacque stordito;

E se quel Signorotto non gli fea
     Toccar con man, che tutto era porcino,
     174Mangiar l'Affrica in bestie si credea.

Nell'Umbria, e nella Marca ogni mattino,
     Che sia festivo, in mezzo della Piazza
     177Havvi di cotti arrosti un Magazzino,

Per cui la Povertà con poco sguazza
     Senza far di pignatta in la giornata,
     180E in tre o quattr'ore il Magazzin si spazza.

La Dose di sue carni in Francia è grata,
     E in Carta grande, e in Gallico dialetto
     183Il Real Cucinier l'ha già stampata.