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xxxi.

Nessun timor tue degne imprese arresti,
     Questo è il fin de’ travagli, e Ascanio il figlio
     123Fia che dopo trent’anni quì sen resti.

Gli Dei son paghi, del Divin consiglio
     Che in tuo sollievo si dichiara, avrai
     126Prove evidenti nell'aprir del ciglio.

Accolta sotto un’Elce troverai
     Candida Scroffa, e alle sue poppe appresso
     129Trenta bianchi suoi Parti ancor vedrai.

Il segno è quel, che un giorno Ascanio istesso
     Fonderà d’Alba il memorabil Regno,
     132Vinta l'Invidia, e l'Oppressore oppresso.

Tacque, e a suo tempo si avverò quel segno;
     Ti ringalluzza, o Porco mio, che sei
     135De' Numi i ciechi arcan di adombrar degno.

Potean valersi d’altre bestie i Dei,
     D'Aquila, di Colomba, ovver di Toro,
     138A lor già cari, o de' sagrati Augei.

Tu fosti il sol tra quell'immenso Coro,
     Forse che in Terra tu gli avrai sfamati
     141Quando tante zizzanie ardean tra loro;