molt’anni rasa; e smontati che furono da cavallo, Lamone insieme con Mirtale e con Dafni, fattoglisi avanti, gli si gettò a’ piedi, pregandolo, non senza lagrime, ch’avesse misericordia dello sfortunato vecchio, e che in tanta sua
sciagura lo sovvenisse, e con una pietosa diceria gli divisò tutto il fatto com’era passato. Astilo, divenutone compassionevole, entrò seco nel giardino: e veduta la sconfitta de’ fiori: Non dubitar, disse a Lamone, che io ti scusero con mio padre, e daro la colpa di questo guasto a’ miei cavalli, fingendo che mentre a questi alberi legati si stavano, infra loro rignando e tempestando si siano sciolti, e scapestratamente correndo, pascendo e zampeggiando, gli abbiano a questa guisa svettati, calpesti e divelti. Di che Lamone e Mirtale, alquanto racconsolati, lo lodarono, lo ringraziarono, e lo benedissero assai. Appresso gli portò Dafni un bellissimo presente di capretti, di caci, di galline, di pollastri, d’uve in su’ tralci, de’ pomi in su’ rami; portò della malvagia, del moscatello, ambedue bevande delicatissime. Astilo, lodato ed accettato il presente, si dette a ordinare la caccia delle lepri, come giovine, ricco, e di buon tempo che egli era, venuto in villa per aver di quei piaceri, che non s’hanno per le città. Ma Gnatone, che altro non sapeva far che pappare tanto che recesse, e bere fin-