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ragionamento iii. 71

cissimo bacio baciandola, e della ghirlanda di viole incoronandola, le prese a raccontar la favola d’Eco, chiedendogliene prima in guiderdone dieci altri baci; e cosí disse: E’ sono, bella fanciulla, di molte sorte Ninfe, le cantatrici, le boscarecce, le palustri, le quali tutte sono musiche. D’una d’esse fu figliuola Eco, che nata di padre mortale, era mortale; nata di bella madre, era bellissima. Fu allevata con le Ninfe, e le Muse le insegnavano a suonar la sampogna, e porre in essa tutti i suoni dalla lira, tutti quelli della cetera, in somma ogni sorta di canto; ed essendo in sul fiore della sua verginità, ballava con le Ninfe, cantava con le Muse; ed amando la sua stessa verginità, era selvaggia, e schiva di tutti i maschi, e degli uomini, e degli Dei. Pane, della sua musica invidioso, e della disdetta del suo amore isdegnato, divenutole nemico, mise tanto furore ne’ petti dei pastori, e de’ caprari incontro a lei, che, come cani e come lupi avventandosele, la scerparono e sbranaron tutta; e mentre che ancora cantava ne sparsero i pezzi per tutta la terra. Raccolse essa terra, per compiacere alle Ninfe, tutti i suoi canti, e fece conserva della sua musica, ed a lor grado in certi luoghi manda la sua voce fuora, la qual, come facea allora la vergine, così ancora adesso contraffà tutte le voci degli Dei, degli uomini, degli stromenti, delle fere e di Pane stesso mentre che suona. Egli sentendola salta, e correle dietro pe’ monti, non tanto per vaghezza d’averla, quanto di trovare chi sia che nascosamente imburchi le sue sonate. Mentre che Dafni a questa guisa favoleggiava, Cloe gli andava ad ora ad ora appiccando qualche baciozzo; ed Eco replicava quasi tutto ciò che diceva, come se la volesse far fede che di nulla mentiva. Finito ch’ebbe, gittataglisi in braccio, lo baciò non che dieci volte, ma molte volte dieci, e baciandolo facea scoppio, per piacere di sentir Eco, che ancor ella baciava.

Il sole ogni giorno più sormontava, e ’l caldo cresceva, perciocchè finita la primavera commciava la state, e gli amorosi pastorelli d’altri estivi sollazzi si procacciavano.