nendo ancora le statue delle ninfe, le greggi e lei, come una capra, o una pecora, innanzi si misero; e talora perchè s’arrestava, e faceva loro indugio, e fatica, le davano tra via delle scudisciate perchè suo malgrado n’andasse. Aveano già le galere piene d’ogni sorta di preda, quando parve loro di non dover più oltre navigare, temendo non la tempesta, o più li nimici gli assalissero; e perchè non spirava vento di ritorno, si rivolsero addietro a forza di
remi. Ritirati che si furono, e cessato il romore, Dafni calandosene al campo, dove pascevano, e non vedendo le sue capre, non le pecore, non la guardiana d’esse, ma d’ogni intorno guasto e solitudine, e trovando la sampogna della Cloe per terra, dopo messo un gran mugghio, piangendo, e tapinandosi, or se ne correva al faggio dove solevano stare assisi, or se ne calava al mare se per sorte la vedesse, ed ultimamente venendo alla grotta delle ninfe s’avvide, che ivi la Cloe s’era ricoverata, e che quindi era stata menata; onde per terra gittatosi, così cominciò con le ninfe (come se da loro fossero traditi) a lamentarsi: Di grembo a voi, ninfe, mi è stata rapita la Cloe; e voi l’avete sofferto? Dinanzi agli occhi vostri m’è stata tolta; e voi l’avete potuto vedere? La Cloe vostra, che v’ha di sua mano tante ghirlande tessute, che v’ha tante primizie offerte, che questa sampogna, che sta qui appesa, v’ha dedicata. Oimè!