chi parte di quel che tutto ti si veniva: conciossiacosachè gli uomini savi non possono aver la miglior ricchezza d’un buono e amorevol fratello. Amatevi l’uno l’altro, figliuoli miei, che questo solo vi manca. Di danari, voi starete a par de’ re: vi lascerò di molti poderi, di molti servi, dell’oro, dell’argento, e di tutt’altro, che i ricchi posseggono: ma ora io voglio solo, che Dafni appartatamente sia padrone di questo paese, di Lamone, di Mirtale, e delle capre, che egli guardava. Ancora voleva più oltre seguir Dionisofane, quando Dafni, salito subitamente in piedi, disse: Bene hai fatto, mio padre, a ricordarmi le capre: io voglio ire a beverarle, che le debbono aver sete e stanno ora dove che sia aspettando la mia sampogna che le meni a bere; ed io mi sono arrecato a sedere qui in petto e ’n persona. Risero tutti dolcemente che egli, già divenuto padrone, volesse ancor essere capraro, ed aver cura delle capre; ed incontanente fu mandato un altro, che cura n’avesse; e lui detenuto, sacrificarono a Giove Salvatore, e prepararono uno splendido convito, dove solamente Gnatone non comparse, che giorno e notte si stava nel tempio di Bacco dolente del suo misfatto, e pensoso di trovar modo, che perdonato gli fosse. La fama intanto corse per tutta la contrada, che Dionisofane avea ritrovato un suo figliuolo, e che Dafni capraro era stato riconosciuto per oste del podere, e per padrone delle capre, che egli guardava; onde la mattina d’ogn’intorno concorsero brigate a rallegrarsi con esso lui, ed a presentare il padre d’esso, tra’ quali Driante balio della Cloe fu il primo; e Dionisofane volle, che tutti fossero partecipi di quella allegrezza, e presenti al sacrificio che intendeva di fare: per che fatto un appresto grande di vino, di farina, d’uccellami, di porchette, di torte, e d’ogni sorta vivande, fece sacrificio a tutti gli Dei del paese. Dove Dafni, recatisi innanzi i suoi pastorali arnesi, parimente dispensandoli a ciascun d’essi ne fece offerta. A Bacco dedicò il zaino e la pelle, a Pane la sampogna e ’l zufolo, alle Ninfe il vincastro e tutti i secchj di sua mano. E tanto sono più dolci e diletti usati,