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fondamentali, perchè tale metodo è più naturale e più fecondo di altri, la filosofia dal canto suo ha il dovere di riconoscere le nuove idee matematiche costruite dalla critica non già sulle rovine, ma accanto o al di sopra del vecchio edifizio.
Peraltro da una nuova esposizione delle idee matematiche può aver lume anche la teorica della conoscenza. Certo le forme varie del numero e dell’estensione astratta, come le forme dell’infinito, non si ritrovano nelle nostre sensazioni. Sono però combinazioni del concetto di successione illimitata e dell’atto del pensiero col quale consideriamo questa successione come un tutto dato al pensiero stesso. Ma non si può dire che la legge del pensiero, per la quale ci formiamo il concetto dell’illimitato, e da esso quello dell’infinito e dell’infinitesimo, potenziali e attuali, nelle varie loro forme, sia tratta soltanto dall’osservazione, allo stesso modo che non lo è lo spazio fisico illimitato. Possiamo apprezzare col teloscopio grandissime distanze, e piccolissime col microscopio, oltre la quattromillesima parte del millimetro, ed un osservatore provetto può coi nostri strumenti più perfezionati apprezzare il tempo fino a un centesimo di secondo; ma pure siamo sempre condotti a misure finite. E così, aggiungendo ad un numero un’unità e a questa un’altra unità, s’arriva sempre ad un numero finito.
Possiamo evitare la questione della genesi deill'illimitato e dell’infinito con opportune definizioni o convenzioni, per stabilirne con sicurezza i concetti, per quanto occorre al matematico, benché così si nasconda, non si risolva, la questione della conoscenza. Eppure, la legge dell’illimitato è necessaria al progresso della