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acciocché ì corrieri che si mandavano alle estremità delle provincie di quel vastissimo impero, potessero trovar per ogni dove le necessarie cambiature, e far celeremente il loro cammino. Ne rimase l’uso anche ne’ secoli di mezzo, quindi il vacabolo palafredo o palafreno venne a poco a poco a significare ogni cavallo da tiro, da soma, o da comparsa, purchè questa non fosse di battaglia o di lancia.

L’Ariosto, il quale descrisse con tanta proprietà di vocaboli tutte le usanze cavalleresche, osservò con esattezza le sopraccennate distinzioni, e però parlando di personaggi non armati, come d’Angelica, d’Isabella cc. ec., gli dipinge montati sopra un palefreno, il che non fa mai de’ guerrieri. Così cantando d’Angelica perseguitata:

» La donna il palafren addietro volta.»

ed in altro luogo

» ....... e lascia alla pastura

» Andare il palafren senza la briglia.»
ma in tutto quel poema i destrieri Rabicano, Bajardo, Brigliadoro, Frontino ecc. non cambiano mai la loro nobile denominazione.

Assai tempo prima dell’Ariosto aveva trattato di queste differenze il maestro del grande