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la gioja all’affanno, al tormento; quando l’allegrezza esce da’ suoi termini ordinarii chiamasi giubilo; se la gioja varca i suoi, chiamasi rapimento, trasporto, ebbrezza; un caso leggiero basta a risvegliar l’allegrezza; la gioja non nasce che da un avvenimento felice; l’allegrezza può essere abituale nell’uomo; la gioja è sempre accidentale; questa è passione, quella è stato dell’anima, la quale riposa nell’allegrezza, si dilata nel giubilo, ma vien fortemente commossa dalla gioja; ond’è che la gioja, come ogni forte passione, s’esprime talvolta colle lagrime, mentre basta all’allegrezza un sorriso, ed il giubilo si sfoga ne’ canti e nelle acclamazioni. Insomma si muor della gioja, non dal giubilo, né dall’ allegrezza.
La religione c’insegna ad esercitar le virtù del cristiano con allegrezza, a sopportar le disgrazie e a darne lode a Dio con giubilo, ed a sperare le gioje del paradiso.
La speranza di possedere una cosa desiderata ti rallegra, l’ accostarti al possesso di essa ti fa giubilare, ma la gioja non viene che dal godimento, che ne hai.
Ho a bello studio intralasciato di parlare sin qui di gaudio, e di letizia, perché queste due